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Visualizzazione dei post da 2017

Sogni di gloria a Montecampione

Settembre, tempo di tappe epiche e casalinghe. Nell'insolita afa mattutina la Valcamonica si presenta come un desolato e soffocante scenario post-atomico, dove il sole appare rossastro e incerto nella foschia densa. Ma quando una salita chiama bisogna rispondere, non importa che si tratti di un Passo Sella, di un Vivione o di un semplice cavalcavia nella bassa: la risposta de #ilorddellacontessa è pronta, decisa, scattante. Ed eccoci così ai piedi di Montecampione: salita epica dall'aria decadente e retró. L'aria è immobile, imprigionata nella cappa di caldo. Chi si ricorda che tempo faceva quel giorno del '98 in cui Pantani si alzò sui pedali una, due, tre volte su un Pavel Tonkov sfiancato e presto sconfitto? Qualche Lord era presente, quel giorno, e può dire con certezza che era un giovedì, il 4 di giugno: era stato bello vederli salire, mangiarsi i tornanti come se non esistesse la fatica. Io ricordo solo le immagini della TV, sbiadite perché anc

Dolomiti-bike, day #1

Verso il Pordoi Lago di Misurina a Ferragosto. Come sarebbe bello fermarsi e continuare a pedalare ma a bordo di un pedalò, in mezzo al lago, con una birra in mano, dimentichi di tutto. Invece no.  #ilorddellacontessa non amano le cose facili. Accettano senza scomporsi gli sguardi di circostanza di chi ha optato per la classica passeggiatina del dopo pranzo e proseguono per la loro strada; una strada che è sempre, perennemente, in salita. È tempo di Passo Giau, Passo Tre Croci, Tre Cime di Lavaredo (una cosa divertente che non farò mai più).
 Ovunque sono le tracce della guerra, la Gran Vera, la guerra più insensata nelle montagne più belle del mondo. 
Un altro genere di battaglia, a cui nessuno è obbligato e che ognuno sceglie da sè, attende invece chi decide di affrontare questa assurda salita.
 Gimondi, Merckx, Fuente, Nibali.
 Sono solo alcuni di quelli che in questo altipiano meraviglioso e desertico hanno fatto il vuoto e scollinato per primi.
 Ma la storia non regis

Ferragosto al Piz Boè

La Contessa non lascia mai i suoi Lord: potrebbero perdersi, fermarsi nel mezzo di una salita a fare un picnic improvvisato, potrebbero disturbare in vari modi la quiete pubblica. Ma anche i Lord non lasciano mai sola la loro Contessa, perché sanno che da sola, fuori controllo, potrebbe uscire dalle vie battute e cercare altri compagni d'avventura, cambiare compagnia, decidendo magari di tradire # ilorddellacontessa con bevitori di Gatorade e Polase e con mangiatori di barrette. Oppure potrebbe lanciarsi in altri sport, abbandonare la bici in un bar e proseguire a piedi, come è successo oggi. 
 Quando la montagna chiama bisogna rispondere, cioè mettere le scarpe e partire. 
 Ma che strana montagna, assalita dalla folla del ferragosto dolomitico! 
 Turisti improvvisati camminatori formano colonne ansanti che arrancano sui ghiaioni battuti dal sole sotto le ampie pareti del Sass Pordoi; bambini trascinati in gita avanzano col muso lungo chiedendo quanto manca, e mamme

Chiudo gli occhi e vedo la neve: Mezzalama 2017

Formichine sul Castore Da Cervinia a Gressoney ci sono 89 km in auto, ma se passi dal Monte Rosa con gli sci sono solo una quarantina. Per cui la scelta è ovvia. Il giorno atteso è arrivato: sveglia illegale alle 3.30, colazione, vestizione e preparazione di tutta la ferraglia che oggi ci tocca portare addosso, infine numero sulla gamba: c'è scritto XXI Trofeo Mezzalama, un nome che mi aveva sempre incuriosito fin da quando facevo discesa, e d'estate salivamo a Cervinia a sciare. Poi si è ripresentato quando ho iniziato ad andare con le pelli. A volte hai dei sogni senza sapere di averli. Il Mezzalama è uno di questi. Negli anni '20, Ottorino Mezzalama sognava un itinerario per attraversare le Alpi interamente con gli sci. Era alto e slanciato, aveva lunghi baffetti neri, portava sempre un enorme zaino con dentro di tutto e sosteneva che gli sci sono meglio lunghi, ("almeno due metri") e che con una buona tecnica e buone scioline le pelli non servono.

Il weekend più lungo del mondo (Parravicini col sole)

L’ingordigia è una brutta bestia, ma quando si tratta di montagna può essere scusata. Venerdì, ritorno in Adamello dopo l’Adamello, con Anna e Irene. Vento, sole, niente più paline da seguire, niente più fatica cieca come in gara. Corno Bianco polveroso e bellissimo, risalita al Cannone e discesona in powder. Pernottamento al Rif. Lobbie con tramonto rosso fuoco. Sabato, sveglia comoda e si va incontro ai tre puntini che si avvicinano giù al Mandrone. Appuntamento telefonico 9.30 in fondo alla vedretta. Ritorno al Corno Bianco, torta in vetta con Paolo Tomasoni ed Elia per il compleanno di Barone Rosso e altra sciatona. Rientro da Mandrone e Passo Presena con temperature tropicali, gelato a Edolo, casa. Tentativo di asciugatura scarpette e guanti. Roba da sci sparsa per casa. Delirio assoluto. Domani è una giornata importante. Domenica 9 aprile 2017, eccolo: il Trofeo Parravicini col sole. Un miraggio atteso cinque anni. Dopo quattro edizioni sotto il diluvio, la mia costanz

Ritorno in Adamello

Start time 6 AM. Adamello Ski Raid 2017, prima e dopo. Nel mezzo, poco meno di sette ore di fatica: molto vento, neve sbattuta in faccia, canalini ghiacciati, ramponi che grattano sul granito, corde gelate a cui attaccarsi con le mani che diventano fredde sotto i guanti. Ma poi, passata la metà gara, alzando lo sguardo dalla traccia perfettamente diritta, ecco il Pian di Neve immenso e bianchissimo aprirsi in uno squarcio di sole, mentre l’Adamello appare e scompare immerso nella bufera. Bello, bellissimo: e per un tempo indefinito le pelli scorrono talmente bene sulla pendenza comoda che lo sci non mi sembra più un’invenzione umana ma un naturale prolungamento delle gambe e dei piedi, l’unico modo possibile e logico per muoversi in questo strano luogo, candido e vastissimo. Poi il cielo si richiude. Bufera e nebbia. Passo degli Italiani, scale, corde che si perdono nel bianco, equilibrio instabile, poi si rimettono gli sci e giù nel nulla seguendo le paline. Altro squa

Valcanale, 20 anni dopo

Valcanale, 1997. Anni di neve e sci dritti, tute sgargianti e colori fluo, parcheggi pieni e seggiovie monoposto, quelle con la sbarra e le gambe penzoloni. Valcanale, 1997, marzo: piccola Carlotta di anni 9 alle prime vere gare di sci con il papà: prime sveglie all’alba e colazioni con l’uovo sbattuto, e poi via in montagna, al bar a prendere il numero, in coda alla seggiovia, sci che schiacciano altri sci, ed ecco apparire dall’alto la pista tracciata (com’è liscia ancora!), e poi ricognizione, un po’ di paura, sonno, gambe strane. Ma il papà è sempre qui, sempre dietro, a vedere se hai freddo alle mani, se vuoi il cioccolato, se devi fare pipì. Poi c’è stata quella volta che proprio non volevo scendere. Tutti quelli davanti a me erano partiti: vieni mi dicono, tocca a te , ma io proprio non ci volevo entrare nel gabbiotto di partenza, e fuori era tutto un saltellare di bambinetti senza sci e allenatori, e le porte stavano rosse e blu nell’ombra azzurra della mattina invernal

Ski Trab: una storia d'amore

Presolana, marzo 2017 Lui è il mio Trab. Quando sono passata dalla discesa allo sci alpinismo mi avevano detto: tu sai sciare, ti serve un vero sci. Uno sci affidabile. Questo accadeva circa cinque anni fa. Il mio Trab è bello, rigido al centro e più facile in punta, comunque preciso, sempre recuperabile anche quando sei talmente indietro da toccare il sedere in terra. Mi avevano anche detto di evitare il modello da super gara e prendere questo, che supera di poco il chilo, compreso l’attacchino. Quando ho provato il mio Trab per la prima volta non ricordo dov’ero: con la nuova attrezzatura leggera, dopo una vita con tre chili per gamba rigidi come putrelle, ero incerta: com’è possibile che questi assicelli leggeri e ballerini riescano a sostenere una curva? Invece ne hanno sostenute molte. Talmente tante discese e talmente tante salite che ancora mi chiedo come facciano a stare insieme. Ho fatto in tempo a rompere due volte l’attacchino, entrambe le volte in salita: una