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Visualizzazione dei post da 2016

Camminando con la Fundaciòn Contador

Ultreya viene dal latino. E’ il tipico saluto del pellegrino, e significa qualcosa come “Continua ad avanzare, la tua ricompensa è là”. E infatti eccola là. La cattedrale di Santiago de Compostela ci attende paziente sotto il blu intenso del cielo di dicembre. Ci si arriva da vie laterali che non lasciano intravedere nulla della grandiosità della piazza. I colori predominanti hanno tonalità calde. Ma a questa scena manca ancora molto: quattro giorni di cammino da 24, 21, 30 e 41 km. Cosa sarà mai, per un gruppo di atleti allenati, abituati a ben altre fatiche in sella ad una bicicletta? Chiaro caso di sottovalutazione. Crack crack. Sono almeno tre ore che camminiamo su un tappeto di foglie, dentro e fuori dal bosco. È il quarto giorno. Partiti alle 2.30 del mattino per l’ultima tappa, anzi le ultime due tappe da 20 km ciascuna riunite in una sola. Una maratona camminando, che ai miei piedi non piacerà per niente. Ma questo me lo faranno capire solo alla fine di questa lung

In principio era l'acqua

Prima della montagna, prima della neve, prima dei prati e delle corse...c'era l'acqua. L'acqua del Tirreno, che arrivava in piccole onde trasparenti sulla sabbia chiara dove il nonno mi portava per mano. Poi l'acqua della piscina: azzurra e leggera, circondata dall'aria calda-umida che sa di cloro; schiamazzi, voci che rimbombano, è sera fuori dalle vetrate e noi bambini con le cuffie colorate  ce ne stiamo in lunga fila a lato vasca a fare scomposti esercizi di riscaldamento , piccoli corpicini dalle forme innocenti, come sculture in miniatura ancora da sbozzare.  Freddo, ordini, urla, risate e rimproveri, altro freddo, sensazione di umido sotto i piedi e voglia di rannicchiarsi e nascondersi; cosa facciamo qua mezzi nudi in una sera d'autunno? Fuori dai vetri il lago, ma non mi sono mai chiesta se fosse tranquillo o agitato dal vento, se fosse profondo e scuro nella notte; ho imparato a conoscerlo solo da adulta. In alto il soffitto e le vetrate

Adamello: 1916 - 2016

È una meravigliosa giornata in tempo di pace: ma la guerra è stata lunghissima e terribile, come solo l'inverno in alta quota sa essere. Non sapremo mai com'è stato: ma chiederselo rimane un interessante esercizio di consapevolezza. E così il mio freddo alle mani toccando le catene gelide è solo un ridicolo capriccio. Il Pian di Neve bianchissimo dopo la spolverata autunnale, è un regalo di quelli che solo con molta pazienza si possono comprendere e meritare. Ma lo spettacolo è a metà: impossibile liberarsi dei fantasmi. Molti alpini e kaiserschützen riposano nel ghiaccio, proprio qui, vicino a me, chissà quanti. Invisibili, ogni tanto la montagna li restituisce intatti, a monito perenne; e noi li portiamo a valle, a ingrossare le fila degli ossari militari. Pensa, erano europei anche loro. Ma ora non è il momento di pensare a cose tristi! La montagna è conquista, sfida contro gli elementi, volontà umana che vince la natura, non è così? E invece guarda un po', qui l'

September

Settembre, tempo di andare.  Dove sono, le strade delle Dolomiti tanto amate e odiate nei giorni d'agosto?  Lontane, forse perdute, come tutti i giorni che vissuti fuggono. Ma la felicità resta: è la stessa di oggi. Una strana calma nell'insolito caldo di fine estate, di fronte al lago, al sole. Forse è l'ultimo: molte cose, chissà, potrebbero essere le ultime. L'ultimo caldo, l'ultimo giro della stagione, le ultime pedalate ad una temperatura accettabile, con tutti i Lord riuniti, l'ultima birretta della stagione ciclistica. Per qualcuno, magari, è l'ultimo giro in bici prima che davvero tutto cambi nella vita. Ma ora no: siamo in attesa di tante cose, ognuno lo sa. Eppure di tutto quel che può o deve accadere in futuro, non c'è traccia in questa tranquilla domenica di settembre: tutto scorre lento, nell'ultimo tepore prima dell'autunno. Le strade conosciute sembrano stanche di vederci, buche e tombini ci hanno fatti tornare a casa una

take a walk on the wild side

In una domenica dal meteo incerto, alle prime luci dell’alba, #ilorddellacontessa lasciano le oscure valli e se ne vanno in città. Molte cose si possono imparare da un semplice giro in bici, anche in un posto non troppo bello; si tratta solo di avere nuovi occhi. La Val Seriana passa in fretta: Bergamo ha strade ampie e prive di traffico, a Lallio il rettilineo disseminato di capannoni e fabbriche è grigiastro, incolore; semafori compaiono e scompaiono, rosso - giallo - verde scattano nel silenzio, a Dalmine le rotonde sono grandi, troppo grandi. La strada è larga e tutta per noi, almeno per un po', e nell'assenza di auto e camion e rumori molesti si sentono nuovi profumi, forse l'odore stesso di questo pezzo di pianura, che nessuno sente mai e che ora si presenta chiaro dinanzi a noi, nella chiara e addormentata tranquillità della domenica mattina. Niente a che vedere col profumo dei prati in fiore delle Dolomiti in una discesa dal passo Gardena...ma ogni cosa

Cevedale

In una mattina di aprile l'inverno è ritornato, e noi, com'è ovvio, non eravamo pronti. Il vento soffia troppo forte, il freddo è secco e pungente: siamo semplicemente fuori posto. Non sto bene e ho le mani gelate: devo andarmene di qui più in fretta possibile. La paura è purissima, fredda e precisa come una lama, è tutt'uno con l’immagine della mia debolezza di fronte al ghiaccio, che per una volta con me si diverte a giocare, riafferma il suo ruolo, e infine mi piega come una canna al vento. Uno scenario mentale che ricordo come una distesa candida e pulita da tutto, da ogni preoccupazione e pensiero superfluo, per concentrarsi unicamente sul mio piccolo corpo che nel bianco della montagna spazzata dal vento è solo, e lentamente perde energia, sensibilità, calore, controllo; concentrarsi per recuperare le forze e aver salva la vita. Un panico nuovo annulla tutto ciò che intorno e dentro di me si agita: immagini, ricordi, cause e conseguenze, legami, domande; non son