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Prima della montagna, prima della neve, prima dei prati e delle corse...c'era l'acqua.
L'acqua del Tirreno, che arrivava in piccole onde trasparenti sulla sabbia chiara dove il nonno mi portava per mano.
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Poi l'acqua della piscina: azzurra e leggera, circondata dall'aria calda-umida che sa di cloro; schiamazzi, voci che rimbombano, è sera fuori dalle vetrate e noi bambini con le cuffie colorate ce ne stiamo in lunga fila a lato vasca a fare scomposti esercizi di riscaldamento, piccoli corpicini dalle forme innocenti, come sculture in miniatura ancora da sbozzare. Freddo, ordini, urla, risate e rimproveri, altro freddo, sensazione di umido sotto i piedi e voglia di rannicchiarsi e nascondersi; cosa facciamo qua mezzi nudi in una sera d'autunno? Fuori dai vetri il lago, ma non mi sono mai chiesta se fosse tranquillo o agitato dal vento, se fosse profondo e scuro nella notte; ho imparato a conoscerlo solo da adulta.
In alto il soffitto e le vetrate appannate scorrono lente, e mentre nuoti, durante le interminabili vasche a dorso, hai tempo di studiarne ogni dettaglio, cercando di sfuggire gli spruzzi e di tenere gli occhi aperti.
In principio era l'acqua.
Guarda, sulle tribune i nonni sono venuti a vederti nuotare.
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In principio era l'acqua.
Guarda, sulle tribune i nonni sono venuti a vederti nuotare.
Attraverso gli occhialini li vedo sfocati, ma tra una bracciata e l'altra ne scorgo il profilo familiare: il nonno saluta con la mano, io sono così piccola e noi tutti bambini nuotiamo in fila, tante teste colorate e ordinate che sbucano in sequenza dall'acqua in cerca di aria, una volta ancora, una sola, ed ecco che la tribuna è nuovamente vuota.
Dove sono i nonni, dove fugge l'infanzia, e che cosa accade ai nostri piccoli corpi che scivolavano così bene nell'acqua?
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Cresceranno, e noi diventeremo grandi: all'uscita dalla piscina ci aspetta il pullman e la strada di casa piena di curve, fame mista a nausea, freddo e capelli ancora umidi nell'oscurità del pomeriggio invernale.
Ma nella vasca, con la testa sotto, i rumori non si sentono, e il tempo non passa: senza respirare si può credere di potersene stare sotto per sempre, a scrutare il fondo della piscina con le piastrelle azzurre e qualche elastico perso nel blu; non uscire mai dalla vasca, e non andare più a farsi la doccia, e quindi non salire più sul pulman verso casa; e allora forse i nostri piccoli corpi rimarranno innocenti, cullati dall'acqua e dal cloro, e i nonni rimarranno per sempre a guardarci dalla tribuna, dietro le bandierine, e niente di tutto quel che è inevitabile e necessario accadrà. E fuori dalle vetrate il lago, nero e incomprensibile, specchio della vita futura, resterà per sempre inosservato nella notte, in lento e continuo movimento, invisibile.
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