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Visualizzazione dei post da aprile, 2016

Cevedale

In una mattina di aprile l'inverno è ritornato, e noi, com'è ovvio, non eravamo pronti. Il vento soffia troppo forte, il freddo è secco e pungente: siamo semplicemente fuori posto. Non sto bene e ho le mani gelate: devo andarmene di qui più in fretta possibile. La paura è purissima, fredda e precisa come una lama, è tutt'uno con l’immagine della mia debolezza di fronte al ghiaccio, che per una volta con me si diverte a giocare, riafferma il suo ruolo, e infine mi piega come una canna al vento. Uno scenario mentale che ricordo come una distesa candida e pulita da tutto, da ogni preoccupazione e pensiero superfluo, per concentrarsi unicamente sul mio piccolo corpo che nel bianco della montagna spazzata dal vento è solo, e lentamente perde energia, sensibilità, calore, controllo; concentrarsi per recuperare le forze e aver salva la vita. Un panico nuovo annulla tutto ciò che intorno e dentro di me si agita: immagini, ricordi, cause e conseguenze, legami, domande; non son