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Estate 2022

Dunque è questo, il mondo che cambia? 

L’inverno che non è mai arrivato, le piante assetate sotto il sole, l’attesa della pioggia come un miraggio lontano?

E poi entrare al supermarket e accorgersi che le scelte giuste forse non sono più possibili, o non lo sono mai state.

Ora esistono solo scelte fatali.

Siamo in tanti, e ognuno vuol fare le stesse cose: una grigliata alla domenica e un tuffo nel lago o nel fiume o nel mare. 

Una sciata su neve artificiale prodotta durante la notte con l’acqua del laghetto, che presto finirà. Al rifugio insalata e acqua in bottiglia. E stasera supermarket e pescheria: stasera si mangia e si beve.

Ovunque la ressa si accalca.

Ovunque si vogliono portare con sé le comodità di tutti i giorni.

Ogni cosa è usa e getta.

L’esperienza fine a se stessa non esiste più. Miliardi di foto e video di momenti effimeri intasano i nostri telefoni e riempiono al contempo server oltreoceano, e diventano qualcosa di fisico oltre i Giga e oltre iCloud, e i server generano calore e necessitano di ventole che li raffreddino. Cavi sottomarini. Emettono, laggiù dove sono ammassati, un ronzio sordo che nessuno sente ma che è il rumore delle nostre vite, il costante brusio di esistenze di cui possiamo registrare i minimi particolari, per altro senza che ve ne sia motivo.

Possiamo farlo, dunque perché no?

E quindi questa è in fondo una trappola.

Scoprire che le scelte sono come le risposte della patente, a scelta multipla, già prefissate.

Una scelta diversa, una domanda a risposta aperta è ancora pensabile?

Incanalare le nostre vite in una dinamica non tossica, dove la scelta non sia un compromesso, è ancora possibile?




Nell'estate 2022, quando le prime gocce di pioggia hanno iniziato a cadere attraverso l’afa, gli automobilisti nella corsia opposta tenevano il braccio fuori dal finestrino e la mano aperta in direzione dell’aria. 

Noi sfrecciavamo in bicicletta e l’aria la sentivamo da molti km ormai: la discesa era sinuosa e morbida, veloce, sapeva di erba secca e polvere, e dove a bordo strada si alzava la massicciata, il muro emanava nuovo calore che si somma al primo e sa di roccia calda e sassi al sole.

Così, le prime gocce di pioggia sull’asfalto sono evaporate all’istante lasciando nell’aria il loro profumo dolciastro; quelle sulla pelle sono sparite senza lasciar traccia.

Gli automobilisti tengono ora il braccio verso il cielo incerto, verso la grossa nube che ha finalmente sostituito il perenne cielo blu pallido.

Alla fine della discesa le auto sono in coda. Nella strettoia due enormi pullman bloccano il passaggio. Nessuno dall’altra parte sembra interessarsi a farli passare ponendo così fine all’ingorgo. Dal retro dell’ultimo pullman, ragazzini salutano e fanno boccacce a quelli dietro. Quelli dietro sono annoiati e fermi da mezz’ora, con motore acceso e aria condizionata. Naturalmente le nostre bici ci mettono un attimo a superare la fila e in un attimo siamo dall’altra parte a guardare i pullman che bloccano il passaggio anche a loro.

Non piove già più.

Dalle brutte case affacciate sulla strada, gli abitanti si sporgono dai balconi per osservare il divertente intermezzo di metà pomeriggio.

Nella bolla di caldo, la valle aspetta.

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