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Ritornare ai prati



C’è troppo bianco, qui, per i nostri occhi
È troppo ampio l’orizzonte
per uno sguardo civilizzato
La nostra vita
pazientemente costruita
incontri e scontri
compromessi e tabù
aspettative, obiettivi
insomma una decorosa vita civile
non è pronta a simili scossoni
Tornarvi sarà difficile

La meraviglia
non può lasciare indifferenti
La grandezza degli spazi
il loro essere fini a se stessi
la loro sofferenza silenziosa, anno dopo anno
ci attirano e ci chiamano a se
come in una trappola
Ci adattiamo alla vastità
finché
cominciano a infastidirci le presenze chiassose
le comitive all’orizzonte
C’è spazio per tutti, ma noi siamo sempre un po’ più in là
Sembra di essere d’intralcio a se stessi
Scorriamo sul mare dormiente
chiedendoci cosa ci sia sotto
immaginando mondi
caverne buie
Un brivido freddo come quando si nuota sul lago, fissandone l’oscurità opaca
non sapendo se quel che c’è sotto
potrà mai venire a reclamare vite, corpi
e allungando una mano sfiorarci e portarci giù

C’è troppo bianco, qui, per i nostri occhi
Ritornare ai prati
sarà come svegliarsi da un lungo sonno
Scenderemo a valle trafelati
Una fuga precipitosa e felice
attraverso paesaggi sempre diversi
aria fine in un deserto accecante
Neve farinosa
pesante
poi marcia
Fino a camminare sui sassi
sull’erba
su una strada
Voltarsi indietro,
essere grati
E poi incontrare qualcuno
e guardarlo come il primo uomo sulla Terra.
Adamello, aprile 2019.

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